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TIPI FAVA E GARAGNANI.

CANTO I.

Per correr migliori acque (1) alza le vele
Omai la navicella del mio ingegno,

Che lascia dietro a sè mar si crudele.
E canterò di quel secondo regno,
Ove l'umano spirito si purga,
E di salire al ciel diventa degno.

Ma qui la morta poesía risurga,
O sante Muse, poi che vostro sono,
E qui Calliopè (2) alquanto surga,
Seguitando il mio canto con quel suono
Di cui le Piche misere sentiro
Lo colpo tal, che disperar perdono.
Dolce color d'oriental zaffiro,
Che s'accoglieva nel sereno aspetto
Dell'aer puro infino al primo giro,

(1) Migliori acque. Tale lezione, anzi che miglior acqua, è anche nel testo del Witte.

(2) Calliope. Le comuni stampe hanno Calliopea: Calliope ha il nostro Commento, il Witte, e lo Scarabelli nel Commento laneo; così il Cassinese, il Cortonese ec.

Agli occhi miei ricominciò diletto,
Tosto ch'i' usci' fuor dell' aura morta,
Che m' avea contristati gli occhi e 'l petto.
Lo bel pianeta che ad amar conforta,
Faceva tutto rider l'oriente,

Velando i Pesci ch' erano in sua scorta.

lo mi volsi a man destra, e posi mente
All' altro polo, e vidi quattro stelle
Non viste mai, fuor che alla prima gente.
Goder pareva il ciel di lor fiammelle.
O settentrional vedovo sito,

Poi che privato se' di mirar quelle!
Com' io di loro sguardo fu' partito,
Un poco me volgendo all' alto polo (1),
Là onde il Carro già era sparito,

Vidi presso di me un veglio solo,
Degno di tanta reverenza in vista,
Che più non dee a padre alcun figliuolo.
Lunga la barba e di pel bianco mista
Portava a' suoi capegli simigliante,
De' quai cadeva al petto doppia lista.
Li raggi delle quattro luci sante
Fregiavan si la sua faccia di lume,
Ch'io 'l vedea come il sol fosse davante.

(1) All' alto polo. Cosi legge il nostro, invece di altro, e cosi commenta rendendone ragione; e se veramente le quattro stelle sono, come pensa il Commentatore, parte della costellazione del Carro, non si può leggere altro polo, perchè si parla del polo medesimo onde il Carro era sparito. Circa però alle quattro stelle, sembra che appartengano alla costellazione detta Crocifero o Crociero, della quale si trova assai largamente parlato nella Sfera mondiale del Micaroli (Urbino 1626) pag. 16; dove pure si spiega acconciamente il presente luogo di Dante. Si veda anche un aneddoto nel Borghini, Studj di filología ec. Anno I, pag. 58, a proposito di tali stelle.

Chi siete voi, che contra il cieco fiume Fuggito avete la prigione eterna? Diss' ei, movendo quell' oneste piume. Chi v' ha guidati? o chi vi fu lucerna, Uscendo fuor della profonda notte, Che sempre nera fa la valle inferna? Son le leggi d' abisso così rotte? O è mutato in ciel nuovo consiglio, Che, dannati, venite alle mie grotte?

Lo Duca mio allor mi diè di piglio, E con parole e con mani e con cenni, Reverenti mi fe' le gambe e il ciglio.

Poscia rispose lui: Da me non venni; Donna scese del ciel, per li cui prieghi Della mia compagnia costui sovvenni.

Ma da ch'è tuo voler che più si spieghi Di nostra condizion com' ella è vera, Esser non puote il mio che a te si nieghi. Questi non vide mai l'ultima sera; Ma per la sua follia le fu si presso, Che molto poco tempo a volger era. Si come i' dissi, fui mandato ad esso Per lui campare, e non c'era altra via Che questa, per la quale io mi son messo. Mostrata ho lui tutta la gente ria; Ed ora intendo mostrar quegli spirti Che purgan sè sotto la tua balía.

Come io l'ho tratto saría lungo a dirti: Dell' alto scende virtù che m' ajuta Conducerlo a vederti e ad udirti.

Or ti piaccia gradir la sua venuta: Libertà va cercando, che è si cara, Come sa chi per lei vita rifiuta.

Tu il sai, che non ti fu per lei amara

In Utica la morte, ove lasciasti

La veste che al gran di sarà sì chiara.

Non son gli editti eterni per noi guasti;
Chè questi vive, e Minos me non lega;
Ma son del cerchio ove son gli occhi casti
Di Marzia tua, che in vista ancor ti prega,
O santo petto, che per tua la tegni:
Per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Lasciane andar per li tuoi sette regni:
Grazie riporterò di te a lei,

Se d'esser mentovato laggiù degni.

Marzia piacque tanto agli occhi miei,
Mentre ch'io fui di là, diss' egli allora,
Che, quante grazie volle da me, fei.

Or che di là dal mal fiume dimora,
Più mover non mi può, per quella legge
Che fatta fu quando me n'uscii fuora.

Ma, se donna del ciel ti move e regge
Come tu di', non c'è mestier lusinghe:
Bastiti ben che per lei mi richegge.

Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
D'un giunco schietto, e che gli lavi il viso,
Si che ogni sucidume quindi stinghe (1):

Chè non si converría l'occhio sorpriso
D'alcuna nebbia andar davanti al primo
Ministro, che è di quei di Paradiso.

Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
Laggiù colà dove la batte l'onda,
Porta de' giunchi sovra il molle limo.

Null' altra pianta che facesse fronda,

O indurasse, vi puote aver vita,

(1) Il nostro legge non lusinga, ma lusinghe; e quindi ricinghe, e stinghe, come ha il Witte, lo Scarabelli nel suo Lana, e altri buoni codici.

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