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rosa, risponde esattamente alla proprietà, ond'è mirabile il linguaggio del poeta: ricirculare vale: girare a misura di compasso intorno a un centro.

Ed ora, determinata la figura della città celeste secondo la descrive l'autore, è da vedere quali e quanti sieno gli abitanti di essa, e come disposti. Quanto a ciò in vero ben poco si potrebbe rilevare dai commentatori, i quali ivi nelle loro spiegazioni parecchie volte errano. Pare intanto che l' Alighieri presenti ben chiara la disposizione de' beati nei varî gradi della lor gloria, e assai piú personaggi che non nomini nella città celeste, ci dia nominatamente altrove come dimoranti in essa.

Ma a ciò convien tenere altro viaggio.

Beatrice scorta Dante nel paradiso, perché egli, secondo l'ufficio cui si prepara, sia poi in tutto idoneo ad attuare il suo disegno, che, del resto, è fatale.' Dante deve avere del paradiso, come ha avuto dell'inferno e del purgatorio, visione chiarissima e cognizione profonda; pure le bellezze sovrumane, celestiali, sfuggono all'occhio umano; o meglio questo non resiste all'immensità di quella luce, e abbarbagliato volge via da essa; e cosí l'umano intelletto si smarrisce e non penetra le divine maraviglie. E pure è d'uopo che Dante le penetri, perché possa compiere la sua missione tra i vivi

Del viver ch'è un correre alla morte.

(Purg., XXXIII, 54).

Iddio quindi vuole ammettere al suo cospetto questo animal grazioso e benigno, cui, dopo averlo ammonito e purificato, trasumanerà di cielo in cielo. E poiché Dante nella qualità d'uomo

... solo da sensato apprende
ciò che fa poscia d' intelletto degno,

(Par., IV, 41-42).

Iddio consente che i beati, secondo il grado che i meriti lor sortirono, si mostrino a Dante di cielo in cielo, dove son le imagini sensibili della Verità che questi è per vedere nell' Empireo.

La relazione tra quanto apparisce al poeta nelle sfere e quanto gli si mostra nella candida rosa è manifesta per quello che vien dicendo egli medesimo. Soglie e' chiama i pianeti ai quali successivamente ascende, soglie le sezioni graduali della rosa.

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'Gravi considerazioni fatte sulle tre cantiche, e specialmente sul Paradiso, valgono ad avvalorare e, sto per dire, accertare, il concetto del Poeta-veltro del chiarissimo prof. Ruggero della Torre.

L'idea della gloria graduale, dunque, in ambo i luoghi è significata dalla voce soglia; sebbene le soglie rappreséntate dalle sfere sieno piú estese che quelle della candida rosa, e comprendano i beati di parecchie soglie di

essa.

Gradi diversi di gloria segnano le diverse sfere:

Ma non so chi tu se', né perché aggi,
anima degna, il grado della spera, ecc.

(Par., V, 127-128).

Gradi diversi, i cerchi della rosa:

Locati son per gradi differenti.

(Par., XXXII, 74).

Più in alto sono le sfere, maggior beatitudine esse tributano:

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Cosí dai cerchi più bassi ai più elevati della rosa, e più in alto ancora, al di sopra di essa, la beatitudine cresce sempre piú:

Supplica a te per grazia di virtute,

tanto che possa con gli occhi levarsi

più alto verso l'ultima salute.

(Par., XXXIII, 25-27).

E Beatrice significa bellamente all'alunno quanto segue:

Qui (nella Luna) si mostraron (Picc. Cost.), non perché sortita

sia questa spera lor, ma per far segno

della celestial ch'ha men salita.

(Par., IV, 37-39).

Tutto invero mostra esatta rispondenza tra la diversa altezza dei pianeti, e quella dei cerchi della città celeste.

Con questa norma diamo ora uno sguardo alla candida rosa. Voglia il lettore richiamarne la figura, secondo l'abbiam divisata di sopra, aggiungendo le seguenti notizie che ne dà il poeta. Essa quanto all'altezza è divisa dal cerchio mediano in due parti, in modo che dall'estremità del giallo fino a codesto cerchio, sia pari distanza che da esso al sommo. È poi divisa nell'ampiezza in due metà da due serie di scanni che dal sommo vanno fin giú al limite del giallo. Negli scanni dell' una divisione siedono ebree nell'ordine seguente dall'alto al basso: Maria, Eva, Rachele, Sara, Rebecca, Giuditta, Rut ed altre. Esse dirimono tutte le chiome del fiore, scendono vuol dire fino al giallo; non già per soli quattordici gradi, come intendono molti commentatori, bensí per più di mille gradi quanti sono quelli della rosa. Di contro a questa linea divisoria vi ha l'altra su' cui seggi stanno successivamente dall'alto al basso, Giovanni Battista, che riesce di rimpetto a Maria, e poi giú Francesco di rimpetto ad Eva, Benedetto di fronte a Rachele, Agostino di fronte a Sara, ed altri.

Nella metà della rosa a sinistra delle ebree sono i personaggi del vecchio Testamento, dal sommo fino al grado che divide in due parti uguali l'altezza di essa; da quello in giú sono i bambini salvi per la fede de' parenti o per la circoncisione. Nella metà a destra delle Ebree, i personaggi del nuovo Testamento fino al grado divisorio; e da quello in giú, i bambini salvi per il battesimo.

È verosimile che i beati i quali cerner sortiro simboleggino i due fattori dell'umana salvezza, della felicità: la mente e l'azione. Ch'essi valgono un ordine d'idee è certezza, sta a vedere quale sia veramente. È notevole che i loro seggi scendono fino al fondo della rosa, separando anche i bambini dell'antico Testamento da quelli del nuovo.

A sinistra di Maria sta Adamo, a sinistra di lui, Mosè; a destra di Maria, san Pietro, e poi Giovanni apostolo. Dirimpetto: a destra di Giovanni Battista, Anna; a sinistra, Lucia. Negli altri gradi in giú l'autore non ricorda che Beatrice a destra di Rachele. Nel giallo, prima Beatrice e Dante; .poi Bernardo e Dante.

Ora, la parte inferiore della rosa costituisce, stando col testo, una delle plaghe in cui questa è divisa: in essa sono, come si è detto, i bambini. Qui è da por mente a questo, che sebbene sia riservato loro uno spazio minore che agli adulti, perché i gradi circolari vanno restringendosi al basso, tuttavia non è da trarne che a questo modo non verrebbe Dante a tener conto della loro maggiore mortalità; anzi è probabile si riesca a provare ch'e' non trascuri in questo calcolo un menomo che; ed ecco come: i beati si presentano all' Alighieri nell'Empireo, quegli aspetti onde si mostreranno il di del giudizio, cioè con l'imagine corporea:

Qui vederai l'una e l'altra milizia

di paradiso, e l'una in quegli aspetti
che tu vedrai all'ultima giustizia.
(Par., XXX, 43-45).

S. Bernardo indica Eva dicendo:

Quella ch'è tanto bella da' suoi (di Maria) piedi.
(Par., XXXII, 5).

Cosicché i bambini col loro corpicino occupano molto minore spazio che gli adulti; forse proprio quanto ce ne vorrà a rifar quello del loro maggior numero. Che gli scanni poi sien veramente piú grandi quanto piú si va in alto si rileva da ciò, che Beatrice, parlando a Dante di quello d' Arrigo, lo chiama gran seggio, e che attorno a Maria piú di mille angeli le fan festa.

Dopo di che è da considerare la parte superiore della rosa, dal cerchio divisorio in su. Questa, secondo segue dal contesto, è divisa in piú plaghe, le quali corrispondono esattamente alle sfere in cui i beati si mostrarono al poeta. I bambini non gli furon mostrati in una sfera a parte, perché essi non ebbero vere elezioni, e il poeta dovrà agirė su coloro che le hanno; però nel poema appena qualche volta quelli sono ricordati, solo perché parte

delle creature. Ond'è che la seconda plaga della città celeste va dai bambini in su.

Or vediamo: Dante dal paradiso terrestre spicca il volo insieme con Beatrice ed entra nella luna; sono in essa coloro che contro volontà mancarono, per violenza altrui, ai voti religiosi. Piccarda parla al poeta come rappresentante di quest'ordine di anime elette, e gli fa vedere Costanza; ma ve ne sono ben d'altre:

vid' io piú facce a parlar pronte.

(Par., III, 16).

Esse nella rosa debbono occupare necessariamente, per quel ch'è detto dall'Alighieri (Par., IV, 37-39), il grado inferiore tra coloro ch'ebbero vere elezioni, come a dire l'infimo grado su i bambini: la seconda plaga. È difficile determinare quanto essa si estenda in altezza e quante soglie comprenda. Pure considerato che non son molti coloro che violano i voti per forza altrui; e pur questo, che l'Alighieri con le sue parole non accenna a un gran numero, si può avere un'idea adeguata dell'estensione di quella. Non parranno poi pochi i personaggi notati in questa sezione del fiore, ove si riguardi la qualità loro, e che a Dante son mostrate nelle celesti

ruote

nel monte e nella valle dolorosa,
pur l'anime che son di fama note.

(Par.. XVII, 136-138).

Però non è mestieri che si conoscano per nome tutti i beati della candida rosa. È poi pur bene lasciare un po' di fatica al lettore.

Beatrice splende maggiormente negli occhi, e il poeta trasvola con lei dalla luna in Mercurio. Quivi sono le anime di coloro che posero ogni cura per acquistar fama immortale. Giustiniano parla con l'Alighieri; evvi inoltre Romeo e molti altri:

vid'io ben più di mille splendori.

(Par., V, 104).

Ecco un altr'ordine di beati, quelli cioè che hanno i lor seggi nella terza plaga. Quante soglie questa comprenda è pur difficile determinare, ma le parole dell'Alighieri pare accennino a un numero di spiriti maggiore che quelli della precedente.

Dante da Mercurio sale in Venere; la cresciuta bellezza della sua donna glielo dimostra. Ivi gli appariscono le anime di quelli che inclinarono all'amore; tra cui Carlo Martello, Cunizza, Folco, Raab, ecc.:

Vid' io in essa luce altre lucerne
muoversi in giro piú e men correnti.

(Par., VIII, 19-20).

Costoro rappresentano un ordine più elevato di beati, seggono quindi più su, nella quarta plaga.

Asceso da Venere al sole l'Alighieri vede ivi le anime di coloro che unirono mente ed opera per tener saldi gli uomini nella via della Verità, ossia i sapienti operosi; non solamente i dotti in divinità, come dicono i commentatori. Si mostrano al poeta Tommaso d'Aquino, Alberto di Cologna, Graziano, Pietro Lombardo, Salomone, Dionigi l'Areopagita, Paolo Orosio, Severino Boezio, Isidoro (vescovo di Siviglia), Beda, Riccardo, Sigieri, san Bonaventura, Illuminato ed Agostino (francescani), Ugo da San Vittore, Pietro Mangiadore, Pietro Ispano, Natan profeta, Giovanni Crisostomo, Anselmo, Donato, Rabano, Gioacchino il calavrese, ed altri. Questi, piú meritevoli che i precedenti, han sede nella quinta plaga.

Nella quale possiamo aggiungere a costoro altri personaggi, per induzione che forse non sarà fallace, perché fondata sulle parole del poeta medesimo. Egli dice che in questo luogo sono Illuminato ed Agostino, che furon due dei primi seguaci di san Francesco, e li ricorda quivi principalmente però

Che fur de' primi scalzi poverelli,

che nel capestro a Dio si fero amici.

(Par., XII, 131-132).

Or, se è cosí, si deve trovare a pari grado di gloria il venerabile Bernardo (di Quintavalle), il quale

Si scalzo prima, e dietro a tanta pace
corse, e correndo gli parv'esser tardo.
(Par., XI, 80-81),

Ed è ben ragione che vi si trovino Egidio e Silvestro:

Scalzasi Egidio e scalzasi Silvestro

dietro allo sposo (s. Franc.); sí la sposa (la Povertà) piace.
(Par., XI, 83-84).

Bernardo da Quintavalle, Egidio e Silvestro, i primi seguaci di S. Francesco, veri cooperatori con la mente e con l'opera del concetto di lui, come Illuminato ed Agostino, devono, logicamente, non potendo per piú ragioni salir piú alto, sedere nella medesima plaga in cui essi. E se alcuna differenza di merito vi fosse (come forse non vi fu) questa sarebbe segnata dalle soglie piú o meno elevate della medesima plaga.

Cosí è veramente: in ciascuna sfera si presentano gli spiriti che in vita mirarono e cooperarono allo stesso fine; sebbene tra essi sieno i piú e i meno illustri. L'aquila, composta degli spiriti del cielo di Giove, dice esser di maggior grado quelli che ne formano l'occhio:

de' fuochi, ond' io figura fommi,
quelli onde l'occhio in testa mi scintilla,
di tutti i loro gradi son li sommi.
(Par., XX, 34-36).

Or, dovendo tutti quelli appariti in un pianeta prender posto in una delle sezioni della candida rosa, come si ha chiaramente dal contesto, segue che

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