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Sguardo generale alle condizioni del tempo Primi anni della vita del poeta.

Dal giorno che, col vero metodo critico scientifico, si è intrapreso lo studio della letteratura italiana, un nuovo lume abbiamo visto distendersi su di essa, e periodi, che rimanevano prima poco conosciuti o addirittura ignoti, vennero messi in piena luce. Noi sappiamo che niun fenomeno letterario si può interamente comprendere, se non si considera sotto i suoi vari e molteplici aspetti, mettendolo in relazione coi suoi antecedenti e coi suoi conseguenti. Quando l'anatomico può, senza mentire, affermare di conoscere un dato organismo? Quando di questo organismo ha studiato tutte le membra, tutti i muscoli, quando ne ha indagato e scrutato il cervello ed il cuore. Il lavoro dello studioso deve essere appunto quello di penetrare, scrutare ed esaminare il cervello ed il cuore di qualunque momento letterario. E come il naturalista, per giudicare con sicura coscienza del fenomeno biologico, dallo studio dell'organismo più perfetto, ch'è l'uomo, deve discendere a stu diare diligentemente, pazientemente i piccoli vermicciattoli che strisciano sulla terra, così è necessario che lo studioso di letteratura, con pari diligenza e pazienza, dallo studio dei rappresentanti sommi d'un momento letterario, venga giù giù ad occuparsi dei più bassi; solo allora potrà dare la vera, propria, coscienziosa valutazione a siffatto momento.

Infinita è stata l'attività letteraria in quel periodo denominato Cinquecento, e critici moderni l'hanno variamente giudicata, prendendola a considerare chi sotto un aspetto, chi sotto un altro. Ma possiamo noi dire d'avere la piena e completa coscienza di questo fenomeno, se non lo abbiamo prima preso a conoscere fin nelle più intime e recondite sue manifestazioni? Se prima non siamo certi che ogni sospiro, ogni sorriso, ogni palpito, di questo secolo è giunto sino a noi ?

A me sembra quindi che non debba destar meraviglia se io, sfidando ricerche lunghe e faticose, mi sia ingegnata a trarre dall'oscura ombra del tempo un rimatore rimasto del tutto ignoto, e che pure fu fatto segno a molti onori ed a molte accuse dai contemporanei, voglio dire Girolamo Casio chiamato de' Medici.

So bene che lo studio su qualunque scrittore non può essere completo, se non fatto attraverso la biologia, la psicologia e l'antropologia, ma uno studio siffatto sarebbe superiore alle mie forze, nè io ho voglia nè tempo d' intraprenderlo. Mi contenterò solo, spoglia da qualunque preconcetto, e, prescindendo dalle affermazioni di coloro, che, senza badare più che tanto, avventano giudizî, senza avere conoscenza alcuna dell'oggetto che giudicano, mi contenterò, dico, di ricostruire, per quanto mi sarà possibile, la vita di cotesto rimatore, e di vedere il posto che gli si può assegnare fra gli altri del suo tempo.

Nei pochi scrittori di storia letteraria, i quali si imbattono a dare qualche cenno su Girolamo Casio, troviamo manifestamente espressa la meraviglia perchè il Casio, il quale non aveva altro merito, che quello d'essere un ricco mercante, nonostante le sue strambe produzioni poetiche, in mezzo al fiorire dei più begli ingegni del secolo XVI, meritò sommi onori da Leone X pontefice letterato e protettore insigne di letterati (1).

Evidentemente siffatti storici di letteratura, dato che possano meritare tal nome, mostrano di non avere che ben poca conoscenza, per non dire nessuna, di quel periodo letterario, che prese

(1) GIOVANNI FANTUZZI Notizie degli scrittori bolognesi - Bologna Nella stamperia di S. Tomaso D' Aquino - Con licenza de' superioriMDCCLXXXIII- Tomo III pag. 130.

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il nome da Leone X, e di trascurare addirittura quelli, che noi sappiamo essere i canoni fondamentali per giudicare d'uno scrittore qualsiasi. Nessun fenomeno letterario si può comprendere a pieno, di nessun poeta si può coscienziosamente valutare l'opera artistica, senza aver prima studiato tutte le condizioni, che all'apparizione di quel fenomeno, alla produzione di quel poeta, sia direttamente, sia indirettamente concorsero. E prima fra tutte, è necessaria, indispensabile la conoscenza dell' ambiente politico e letterario, della vita varia e complessa, in mezzo alla quale quel dato poeta, quel dato scrittore venne a trovarsi, e di cui egli è al tempo stesso organo e produzione. « Che direste voi dice Arturo Graf (1) con un paragone molto bene a proposito per noi di chi volendo giudicare, poniamo, la figura principale d'un quadro storico, togliesse appunto quella figura dal quadro, e si facesse a considerarla separatamente dalle altre figure e dalle cose tutte, che il pittore, non senza le sue buone ragioni, gli pose intorno? Direste ch'egli opera malamente e che il giudizio suo non può non riuscire parziale ed erroneo, giacchè la figura principale forma un tutto con quelle altre figure e con quelle cose ancora, non la può intendere chi la consideri disgiuntamente da esse, o chi la ponga in un altro quadro, in relazione con altre figure ed altre cose. Gli è per questo dunque che prima di venire a parlare della vita e delle opere di Girolamo Casio, daremo un'occhiata, per quanto rapida, alle condizioni politiche e letterarie, in cui questo poeta si trovò a vivere. E anzitutto, quali erano le condizioni in cui si trovava l'Italia al tempo del pontificato di Leone X, figliuolo di Lorenzo il Magnifico? Sullo scorcio del secolo XV e sul principio del XVI l'Italia appariva la più fiorente e prospera fra tutte le contrade d'Europa. Di fatto, se togliamo le isole di Sicilia e di Sardegna, le quali erano sottoposte al dominio del re di Spagna, Ferdinando il Cattolico, possiamo dire che la penisola era del tutto indipendente da signorie straniere. Il papato, ristabilito in Roma, aggiungeva all' Italia splendore e prestigio attraendovi i credenti d'ogni paese. La cultura s'era

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(1) ARTURO GRAF Attraverso il Cinquecento Torino Erinanno Loëscher 1888 pag. 107.

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esplicata in ogni sua manifestazione: nelle lettere, nelle scienze, nelle arti.

Prospere erano le condizioni economiche per lo sviluppo delle industrie, per l'agricoltura fiorente, per i commerci estesi; per l'attività della borghesia. I costumi si erano raffinati in ogni classe di persone tra papi e cardinali, tra principi e cortigiani, tra mercanti e uomini di studio, e persino nel popolo minuto, sveglio ed acuto. Si sentiva un benessere generale e spirava un vivo desiderio di godere la vita. Ma, sotto le apparenze della prosperità e della letizia, la vita italiana era travagliata nell' intimo suo da tarli roditori. Nel 1494 l'Italia si apre alle invasioni straniere con la discesa di Carlo VIII, chiamato dagli stessi principi italiani, i quali, rotto l'equilibrio serbato sino allora tra i potentati diversi, erano gelosi gli uni della supremazia degli altri.

I diversi stati italiani perdettero quindi la loro libertà, quasi tutti i comuni non ebbero più esistenza indipendente, taluni oppressi da tirannelli paesa ni, tal'altri dalle maggiori città. Immersa l'Italia nella corruzione che segue alla raffinata cultura, sconfortati gli animi, infiacchite le menti, la letteratura cessava d'erompere dall'arte stessa, considerata qual fonte pura ed infinita d'ineffabile diletto, mitigatrice degli umani dolori, concitatrice delle nobili passioni; le lettere, rinnegata la loro sacra e libera missione, divennero merce di lusso. L'uomo di lettere non fu più l'istitutore dei cittadini, il poeta non fu più il motore degli affetti del popolo, divenne addobbo di corte, abietto servitore dei potenti. Invece di consacrarsi alla propagazione del bello e del vero, egli vendette l'anima sua al maggior offerente, e, contaminata la religione della divina arte, alla quale natura forse in mal punto gli aveva dato attitudine, s'assise nella reggia, dove non faceva altro che vil mercato di satire e panegirici. Questo vergognoso patto tra compratori e venditori di anime diede a quell' epoca un carattere così peculiare, che, nel percorrere le storie di tutti i popoli civili, non v'è secolo che sia, quanto il secolo XVI, ugualmente famoso per la protezione che i principi italiani largirono alle lettere.

Fra i sovrani italiani, che, per aver favorito grandemente gli studî, furono levati al cielo, niuno può stare al paragone di Leo

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