SONETTO XXXIX. ARGOMENTO. Volle tentar le lodi di Laura, ma rimase vinto da quelle il debole suo intelletto, come virtù ch' a troppo si confonda. pensava Io assai destro esser su l'ale, Trovaimi all' opra via più lento e frale : Nè si fa ben per uom quel che 'l ciel nega. Mai non poria volar penna d'ingegno, Seguilla Amor con sì mirabil cura SONETTO XL. ARGOMENTO. Volendo lasciare un' ombra almeno della doppia bellezza di Laura, colse della sensibil parte alcun lampo e lo dipinse; ma, venuto alla parte immortale, rimase da tanto lume abbagliato l' intelletto. QUELLA per cui con Sorga ho cangiat' Arno, Volse in amaro sue sante dolcezze, Ond' io già vissi, or me ne struggo e scarno. Da poi più volte ho riprovato indarno, Pinger cantando, acciò che l' ame e prezze, Le lode mai non d'altra, e proprie sue, Ma poi ch'i' giungo alla divina parte, SONETTO XLI. ARGOMENTO. Dirà ancora le lodi della sua donna, poichè, per quanto detto abbia sin quì, non le ha saputo nè potuto degnamente celebrare, L'ALTO e novo miracol ch' a' di nostri Vuol ch' i' dipinga a chi nol vide, e 'l mostri, Non son al sommo ancor giunte le rime; Chi sa pensare il ver, tacito estime o scriva. Ch' ogni stil vince, e poi sospire: adunque, SONETTO XLII. ARGOMENTO. Il ritorno della stagione, ond' ogni cosa s' allegra e s'innamora, attrista e sconforta lui colla memoria della morte di Laura. ZEFIRO torna, e 'l bel tempo rimena, Ridono i prati, e 'l ciel si rasserena, Ma per me, lasso! tornano i più gravi Sospiri, che del cor profondo tragge Quella ch' al ciel se ne portò le chiavi. E cantar augelletti, e fiorir piagge, Sono un deserto, e fere aspre e selvagge. SONETTO XLIII. ARGOMENTO. Come nel silenzio della notte gli ricorda il lamentevole canto del rosignuolo l'empia sua sorte. QUEL UEL rosignuol che sì soave piagne E tutta notte par che m' accompagne, O che lieve è ingannar chi s' assecura! Que' duo bei lumi assai più che 'l sol chiari Or conosco io che mia fera ventura Vuol che, vivendo e lagrimando, impari |