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dice in altri luoghi è chiaro, che il nostro autore non intende dichiarare inabili a riformare o a costituire uno stato i governi popolari, ma sì quelle repubbliche o monarchie, le quali, per adoprare le sue medesime parole, « hanno il moto tardo, non potendo alcun consiglio nè alcun magistrato per sè stesso operare ogni cosa, ma avendo in molte cose bisogno l'uno dell' altro (1) ». Il che traducendo in moderno linguaggio, vuol dire, che egli non crede capaci di queste grandi imprese le forme di reggimento che si fondano sul principio della divisione de' poteri, ma si quelle che hanno, o per la opportunità creano un' autorità suprema unica, cioè una dittatura.

Per trattare ordinatamente di questa materia, dico, che l'autorità dittatoriale può essere esercitata o da un principe, o da un cittadino, o da un' assemblea di cittadini. Alcuni scrittori danno al principato una virtù unificante maggiore delle repubbliche; il che è smentito dalle storie delle repubbliche di Roma e di Francia. Non è già che la repubblica abbia in questo da per sè stessa virtù maggiore del principato; ma principato e repubblica possono meglio unificare secondo che i tempi in-clinino più a' reggimenti monarchici, ovvero a' popolari. Ogni ordine è buono a produrre effetti notevoli quando in esso concorrano le forze vive della società. Grandi cose fece il principato assoluto: perchè niegarlo? Ma gli uomini savi e prudenti debbono però considerare, s'egli possa più fare le somiglianti. Nè la Convenzione di Francia sarebbe stata possibile a' tempi di Luigi XI, nè Luigi XI a' tempi della Convenzione. Tre secoli d'inquisizione e di monarchia assoluta non poterono anificare

(1) Discorsi, l. 1, c. xxxiv.

la Spagna: l'Aragona, la Catalogna, la Navarra sopportarono orribili strazi, ma non abbandonarono i loro fueros. Un po' di libertà (e tutti sanno come viziata e tradita) ha fatto più per la unificazione di quei popoli e la costituzione di quella nazionalità, che tanto tempo di principato assoluto, cioè di regia dittatura. Nè la regia dittatura di Casa Borbone ha potuto unificare i regni di Napoli e di Sicilia; nè la regia dittatura della Casa di Savoia fece tanto in lunghissimo tempo per la unificazione del Piemonte, Sardegna, Savoia e Liguria quanto in quattro anni ha fatto una discreta libertà. La regia dittatura non ha più con sè le forze vive della società, nè sono più quei tempi in cui la dottrina, l'ardire, la prodezza, l'entusiasmo, la fede recavano tutte le loro forze morali e materiali a' piedi del trono. Nessun Colbert e nessun Sully vorrebbero essere oggi ministri di un re assoluto; nessun Racine e nessun Molière vorrebbero ornare la sua corte. Il re assoluto riman solo, o in compagnia de' tristi e degli inetti: comandare colla persuasione non può; è quindi necessità comandi con la violenza, e diventi tiranno, e tiranno impotente.

Creato in Roma il dittatore, o data al consolo l'autorità dittatoriale, con la nota formula Videat consul ne respublica quid detrimenti capiat, rimaneano i tribuni ed il senato con la loro autorità, nè il dittatore poteva loro torla, imperocchè egli non era al disopra delle leggi, che anzi a lui erano freno e le leggi ed i magistrati. In Italia non vi sono nè leggi, nè magistrati nazionali: il dittatore quindi, non che essere superiore alle leggi, sarebbe la legge vivente, cioè a dire sarebbe re assoluto: Impune quaelibet facere id est regem esse, come diceva Sallustio. Or se lo spirito de' tempi è contrario a're assoluti ereditari e perpetui, non lo è meno agli elettivi e temporanei. Infelice l'uomo che assumesse tal carico!

Avess' egli la probità di Catone, la civile modestia di Cincinnato e l'animo liberissimo di Bruto, e' rovinerebbe sè e la patria. Dicono che il secolo nostro non ha l'idolatria de'nomi, e ciò è bene; ma io dico ch' egli ha l'odio de' nomi, e questo parmi male. Non pria un uomo ha acquistato autorità e riputazione, che tutti si affaticano a trarlo giù, quasi fosse un nemico comune. Il primato dell'ingegno, della virtù e della fama è a moltissimi non meno odioso del primato politico; ed in quest' opera di disfacimento, spesso gli amici non sono meno gagliardi degli avversarii; sì che non sai qual più ti of fendano se i colpi che ti percuotono il petto, o quelli che ti son tirati alle spalle. Questo fatto è innegabile: si può tacere, ma non fare ch' ei non esista. O che in tempi così straordinarii e critici come i nostri non sia possibile trovare un uomo dotato di tanta virtù che basti all'uopo, o che la potenza individuale siasi snervata e infiacchita, certo egli è, che non v'è più un popolo il quale abbia piena fiducia in un uomo, nè un uomo il quale si mostri in tutto di meritarla. Stoltezza sperare un Mosè, un Licurgo, un Solone, un Romolo, un Numa; oltre a che bisogna considerare, che tutti quelli grandi ordinatori di repubbliche e di principati ricorrevano a Dio, ed in nome di lui ordinavano, mentre oggi il popolo vuole entrare ancor egli nella spelonca della ninfa Egeria, e salire ancor egli sul Sinai, nè più teme, che, rompendo i termini, il Signore si avventi sopra di lui e lo faccia cader morto, per parlare il linguaggio dell'Esodo. Le conoscenze diffuse, le menti signoreggiate dal criticismo, i cuori rimasti senza fede, la discordia delle idee e delle credenze, la complicanza delle quistioni religiose, politiche ed economiche, non mai tanto grande quanto a'di nostri, l'istesso avvicinamento de' diversi popoli che introduce con non mai pria veduta rapidità idee nuove

e bisogni nuovi, sono ostacoli grandissimi alle individuali dittature.

Si consideri da ultimo che non basta dare ad un uomo il nome di dittatore, perch'egli lo diventi in realtà: sono le forze che facilmente si acquistano i nomi, e non i nomi le forze le dittature, propriamente parlando, nascono spontanee, e non si creano, ma si riconoscono dalla legge. Ponghiamo che in Italia sorgesse un gran capitano che vincesse virtuosamente i nemici, liberasse la patria, le sue sparse membra collegasse, o che tutto questo con buoni auspicii si proponesse, procurandosi il favore dei soldati e del popolo, è fuor di dubbio che, qualunque fosse il suo nome, e' sarebbe in realtà un dittatore. Pio IX avrebbe potuto assumere la dittatura d'Italia nel gennaio e febbraio dell'anno quarantotto, ma non più dopo l'allocuzione dell'aprile; Carlo Alberto avrebbe potuto fare il somigliante nel marzo, ma non più dopo la ritirata di Milano: la fortuna gli porse un istante una nuova occasione, dopo la fuga del Pontefice da Roma e del granduca di Toscana da Siena, ma per côrla voleasi animo fortissimo ed audacissimo. La dittatura non è un officio o una magistratura come tutte le altre; ma presuppone un uomo in possesso di tutte le forze morali, o almeno delle più energiche della nazione. Gustavo Wasa era dittatore della Svezia anco col titolo di amministratore del regno; dittatore era il principe di Orange nelle Provincie Unite de' Paesi Bassi; e dittatori furono Cromvello e Bonaparte prima che dittatori si nominassero. Ora, in tempi di rivoluzioni e di guerre, l'unica dittatura possibile è la dittatura militare. Una dittatura civile, mentre la patria è nel campo, sarebbe sempre impotente e perigliosa, perchè da una parte il dittatore civile avrà interesse a dividere le forze armate, perchè dalla loro congiunzione non sia oppresso, e dall'altra basterà un capitano vittorioso ed in

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favore delle milizie a levargli l'ubbedienza e ad opprimerlo. I triumvirati, i quincumvirati, i decemvirati hanno tutti i difetti del dittatore unico, senza averne i vantaggi, ed hanno inoltre degli inconvenienti che il dittatore unico non ha, come, a cagion di esempio, la persuasione in moltissimi che la dittatura di pochi uomini si ridurrebbe in realtà alla dittatura di un sol uomo; la gelosia probabile di alcuni membri di quel piccolo congresso contra a quell'uno che vi esercitasse maggiore autorità, i dissentimenti non frenati dall' opinione pubblica, la facilità di gittare addosso a' compagni la risponsabilità del male e di attribuirsi la lode del bene, ed altri disordini somiglianti.

Il tutto considerato, ed avuto riguardo a' tempi, il minor male starebbe nella creazione di una grande assemblea con poteri dittatoriali, perchè è di assoluta necessità che il governo, avendo di bisogno di tutte le forze della nazione per liberare la patria ed ordinare lo stato, stia in perfetto accordo colla nazione; e questo accordo è impossibile senza la pubblicità delle discussioni, e senza che ciascuna provincia vegga sedere in quel congresso gli uomini ne' quali ripone la sua fiducia. « Nè creda mai alcuno stato poter pigliare partiti sicuri, anzi pensi d'avere a prenderli sempre dubbi, perchè si trova questo nell'ordine delle cose, che mai si cerca fuggire uno inconveniente che non s'incorra in un altro: ma la prudenza consiste in saper conoscere la qualità degli inconvenienti e prendere il manco tristo per buono (1). » Ora il manco tristo partito in fatto di dittatura (cosa da per se stessa tristissima) è la dittatura di un congresso, qualche cosa

(1) MACHIAVELLI, Il Principe, c. xx1.

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