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Mi i fu domandato; perchè io non abbia chiesato le parole di Nembrot, Rafel mai amech zabì almi nell' Inferno, C. xxxi. v. 67, le quali l'ab. Lanzi avea dimostrato essere parole Arabe. Io ho creduto aver fatto il comento al detto luogo, chiamandogli strambotti; e dicendo, ch' egli crano non parlar umano, ma un grugnire di gola, senza più; perchè io non li credo aver senso nessuno. Virgilio medesimo spiega la cosa, se mal non veggo, dicendo a Dante; Lasciamlo dire, e non parliamo a vóto; Che così è a lui ciascun linguaggio, Come 'l suo ad altrui, che a nullo è noto; cioè, Che come nè noi nè altri può intendere suo linguaggio, così egli nessuno del mondo ne intenderebbe ; e però è indarno il parlargli. Se dunque il suo linguaggio non è noto a nessuno, certo non era Arabo; perchè questo è noto ad alcuno. e se Nembrot non intende nessun linguaggio, or come parlava l' Arabo così appunto o, lo parlava egli sì bene, senza saperlo? Al Canto VII., dove Pluto gridò Pape Satan, ec. Virgilio l'intese bene; che Dante lo fa conoscente di tutto, e però eziandio delle lingue: E quel savio gentil, che

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tutto seppe. e perchè l' intesc, egli rispose a lui assai a proposito (come mostra il nostro Sig. D. Venturi). Adunque Virgilio avrebbe inteso anche Nembrot, se egli parlava Arabo: ed e' dice di no. La forza di questa dimostrazione sentì il Lanzi medesi mo; che per annullarla, toglie al nullo il proprio natural senso di, nessun uomo del mondo, e 'l reca a dire, nullo di noi due; c ci pone eziandio questa giunta, che non la credo una perla; A nullo di noi due, a Virgilio e a Dante; benchè a questo come visitator dell' inferno, e non come sublime scrittor della Canti ca: il che quanto ben quadri al luogo ed alla proprietà, io lo lascio giudicar a' lettori: massimamente notando, che almeno quel Virgilio che tutto seppe, dovea poter sapere anche l'Arabo, ed intendere quelle parole: di che non potea dire, che eziandio a nullo di noi due dovesse essere ignoto quel cotale linguaggio; perchè almeno uno poteva capirlo. Questo è quello, che io voglio avere risposto a chi mi fece quella dimanda.

E vo' tuttavia notare; ch' io nominai il parlar di Nembrot strambotti, nel senso di noi Lombardi; che più dirittamente era da dire, spropositi, svarioni, ec.

PROEMIO

Sembra che il Creatore, formando gli uomini, abbia ne' più di loro messa una peculiare attitudine ad una cosa senza più, nella quale ponendovi il debito, studio dovesse poter riuscire eccellente e quindi veggiamo, chi ad uno studio o mestiere, e chi ad altro aver posto e porre l'animo, pure alla eccellenza sforzandosi; e molti nell' arte loro esserci pervenuti. i quali nondimeno, essendosi voluti provare in altra maniera di arti o di studi, fallirono loro le forze, e caddero in via colla seconda soma: che certo i Michelagnoli non sono molti e ciò troviamo essere avvenuto, non pure de' mezzani ingegni, ma de' sovrani e maggiori. Così ( per non uscire dalle belle lettere ), avendo M. Tullio voluto provarsi alla poesia, non passò oltre la mediocrità; che nella prosa e nella oratoria avea toccato la cima. e se Virgilio si fosse posto a scrivere una storia, ovvero un' orazione, forse la penna non gli avrebbe così risposto. Certo il nostro Fracastoro, che nella Sifilide va tanto rasente alle orme di Virgilio; nella prosa non è a gran pezza nè un Cesare, nè un Cornelio Nipote. Ma che direm noi, che eziandio nel medesimo genere pochissimi sono gl' ingegni, che aggiungano l'eccellenza di più d'una

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